Non riesco a farmi notare in azienda

13 Ott 2021 | Blog, Eventi, Notizie

Anteprima:

Senti di avere tutte le carte in regola per ricoprire un ruolo di maggiore responsabilità ma non riesci a farti notare in azienda.

Se stai leggendo questo articolo è perché forse, anche tu stai cercando una strada per poter crescere all’interno della tua azienda. Magari lavori lì già da un po’ di tempo (2, 3 anni), ti stai impegnando molto, non ti tiri indietro quando ti chiedono uno sforzo maggiore, ti mostri collaborativə e ottieni gli obiettivi prefissati. Però…

Non ti è ancora arrivata la proposta per occuparti di progetti più complessi o per assumere un ruolo di leadership. 

Non riesci a spiegarti il perché di questa aspettativa ingiustamente disattesa e alterni valutazioni pessime nei confronti del tuo capo e dei responsabili del settore risorse umane che non è capace di valutarti (e questo ti porta a pensare che nella tua azienda non sia possibile crescere, che vanno avanti solo i raccomandati), a valutazioni pessime su di te (finendo con il fare considerazioni poco edificanti nei tuoi confronti “se non cresco è perché in fin dei conti non ho le qualità giuste, dovrei accontentarmi, in fondo io sto lavorando mentre tanti altri sono disoccupati…”).

E’ una situazione frustrante, non c’è dubbio!

Più di una volta durante la mia esperienza professionale ho incontrato donne e uomini molto affidabili, grandi lavoratori, focalizzati sul portare buoni risultati per la propria squadra e per l’azienda, che però non riuscivano a ottenere occasioni per una crescita personale di responsabilità.

Quello che voglio dirti è che non sei l’unicə a trovarti in questa circostanza: altri ci sono passati prima di te e tante persone la stanno vivendo attualmente. La verità, in fin dei conti, è che non è affatto facile farsi notare!

Anche se esistono alcune aziende che posseggono un sistema di valutazione costante e attenta al potenziale dei dipendenti, sono altrettanto veri altri due fatti: 

  1. Questo tipo di aziende sono ancora una minoranza (e tu potresti, invece, lavorare in una delle organizzazioni che costituiscono la maggior parte); 
  2. Nessun sistema di valutazione delle persone è infallibile, quindi potresti essere “sfuggitə” al radar.

In questo articolo non voglio parlarti di come essere un buon lavoratore, stimato da colleghi e capi perché lo sto dando per scontato: sei sincerə, competente, affidabile, disponibile, collabortivə, noi crei polemiche sterili, sei attentə al miglioramento, fai proposte, non è vero?

Voglio darti alcuni suggerimenti su come fare in modo che chi può decidere di farti crescere si accorga che possiedi tutte quelle qualità.

E’ proprio questa una delle domande chiave! Com’è che se sono così bravə e performante (perché lo sei!) non se ne sono accorti?

Metti, per un attimo, da parte la risposta immediata che ti viene in mente, cioè “sono tutti ciechi”. Adesso chiediti se, per caso, anche tu hai qualche responsabilità su questo dono dell’invisibilità che ti sei ritrovatə fra le mani e che non avresti voluto affatto.

Perché, per fortuna, se non possiamo agire sulla cecità degli altri, possiamo sicuramente fare qualcosa sulla nostra capacità di renderci più visibili e meno silenziosi!

Nel tempo, ho notato che le persone con cui ho lavorato su questo tema durante i percorsi di career coaching, avevano in comune una frase che, di solito, dicevano durante il primo o il secondo incontro: “i risultati parlano da soli, non c’è bisogno di sbandierarli ai 4 venti”. Ognuno di loro, a suo modo, mi faceva capire che ad ogni compito o obiettivo affidato, raggiungevano sempre il goal e questo, secondo il loro punto di vista, doveva essere sufficiente per essere notati e inseriti in un percorso di crescita.

Ciò che dicevano mi suonava irrimediabilmente giusto tutte le volte! Caspita, è vero! Se ottengo ciò che serve, questo deve essere sufficiente per darmi una promozione.

Ma la realtà dei fatti, ci dice qualcosa di contrario. Le buone prestazioni non sono sufficienti per “vincere la gara”, non è come in una competizione dei 100 metri: lì non ci sono dubbi su chi ha vinto, perché è semplice rilevarlo e gli strumenti  a disposizione sono molto precisi. Se fosse così, in effetti, non sarebbe nato il marketing e la pubblicità, non credi?

Che cosa sta dietro a quella frase così vera “i risultati parlano da soli, non c’è bisogno di pubblicizzarli”?

Ci sta qualcosa che blocca la possibilità di uscire dall’invisibilità: una serie di convinzioni negative sul “farsi notare”.

Le convinzioni, o credenze, sono delle opinioni con cui ci siamo costruiti, attraverso l’educazione, la cultura a cui apparteniamo, i contesti sociali che abbiamo frequentato e le diverse esperienze di vita.  Queste convinzioni per noi sono ormai talmente vere da considerarle, senza dubbio, dati di fatto, come l’ordine naturale delle cose.

Se  io sono convintə che, le persone che mettono in evidenza i propri risultati  risultano spesso antipatiche e presuntuose, allora sarà molto difficile fare in modo che i riflettori  si accendano su di me e sui “numeri che porto”. Perché se lo facessi, sarebbe come dichiarare a me stessə e agli altri che sono antipaticə e presuntuosə. E io non lo sono!

Se penso in modo assoluto che “se i risultati hanno bisogno di essere messi in mostra, allora non sono davvero dei buoni risultati”, mi troverò di fronte ad un paradosso che mi porterà a sbagliare in qualsiasi modo decida di comportarmi.

Se in una presentazione ai capi faccio focus sui goal che ho raggiunto, poi mi potrò dire che loro se ne sono accorti solo perché gliel’ho detto e non perché sono eccellenti in sé. Se decido di non espormi, probabilmente non verranno notati e confermerò la mia opinione di non aver fatto nulla di buono.

Che pasticcio!

Qual è la soluzione, allora?

  1. Il primo passo è mettere in discussione queste convinzioni che ci bloccano nel renderci visibili. 
  2. Il secondo è agire attraverso comportamenti necessari a farci notare, trovando il giusto equilibrio fra l’iper-esposizione egocentrica e l’invisibilità super-umile. 
  3. Il terzo è quello di manifestare apertamente il proprio desiderio di crescere e di assumersi più responsabilità.

Solo quando, anche dopo questi cambiamenti, non emergono opportunità, allora forse può essere arrivato il momento di cambiare rotta.

Prenota una Free Call: “Insieme potremo scardinare quei pensieri che bloccano la tua crescita.”

Altri articoli

Rientro al lavoro dopo le vacanze: post vacation blues e alcuni suggerimenti

Rientro al lavoro dopo le vacanze: post vacation blues e alcuni suggerimenti

La sindrome da rientro, spesso definita anche post-vacation blues, è una condizione di malessere psicologico e fisico che si manifesta tipicamente al termine delle vacanze estive, quando si ritorna alla routine quotidiana e alle responsabilità del lavoro. Questo fenomeno non è una patologia.

Bilancio di competenze: quando farlo e come funziona.

Bilancio di competenze: quando farlo e come funziona.

In questo articolo spiego:
perchè potresti avere bisogno di un bilancio di competenze
cos’è il bilancio di competenze
perchè funziona il bilancio di competenze
cosa si fa durante un bilancio di competenze