Anna non ne vuole sapere di coach e motivatori

13 Apr 2021 | Blog

Quella sera Anna in realtà non si mise alla ricerca di informazioni sugli assessment center di gruppo: si sentiva stanca dalla giornata lavorativa e anche dalle emozioni provate ne riflettere su di sé e sulla sua ansia da colloquio di lavoro. Però praticò gli esercizi di respirazione e questo, probabilmente, la aiutò a dormire finalmente bene.

Il giorno dopo era sabato e quando si svegliò, la nostra analista funzionale, finalmente, dopo tanto tempo si sentì riposata e piena di energie. Così dopo la colazione al bar con le amiche e la passeggiata sotto il sole primaverile, si sentiva pronta per mettersi alla ricerca delle informazioni di cui aveva bisogno per sentirsi più sicura e preparata.

Per fortuna non fu difficile trovare quello di cui aveva bisogno: il web è davvero ricco di società di ricerca e selezione o di orientamento al lavoro che scrivono articoli o pubblicano video per consentire ai candidati di non sentirsi spiazzati di fronte ai colloqui psicoattitudinali.

Comprendere che si sarebbe trattato di alcune ore in cui, insieme ad altri candidati, avrebbe dovuto risolvere dei quesiti posti loro dai valutatori la rese abbastanza serena…lei, in fin dei conti, tutti i giorni non faceva altro che trovare soluzioni insieme ad altri!

Certo, il fatto che ci fossero degli psicologi ad osservarla la faceva stare un po’ sulle spine: sarebbero stati in grado di vedere il suo potenziale? Avrebbero notato anche i suoi difetti? … E se, in effetti, lei non avesse le caratteristiche per ricoprire il ruolo di manager?

Così Anna, quasi senza accorgersene si mise alla ricerca di informazioni sulle doti dei leader, su quali sono le caratteristiche giuste per essere un capo, su come si fa a diventare manager, i corsi più adatti, le conoscenze che le mancavano … e in tutto questo cercare spuntarono come i funghi i coach, questi personaggi che ti promettono di raggiungere il successo in 6 semplici mosse.

Bah, era una cosa che proprio la indisponeva: tutta quella sicumera che dimostravano nelle pose delle loro foto e i caratteri cubitali delle scritte sui loro siti…c’era qualcosa che le faceva sentire “puzza di bruciato”. E poi …come facevano a promettere il successo? Nessuno aveva la bacchetta magica!

Il duro lavoro! Ecco cosa serviva per avere successo!

E talento naturale.

Mentre sorseggiava il suo tè caldo, seduta sul suo comodo divano, guardando il soffitto Anna rifletteva fra se e sé: l’impegno e la capacità di lavorare sodo di certo non le mancavano.

Fu la frase “talento naturale” a risuonarle in modo fastidioso in testa, ridondando 100 volte, espandendosi e quasi riempiendo tutta la stanza. Il sospetto di non possedere un talento naturale nella leadership la gettò in un leggero sconforto: “se i valutatori dell’assessment scoprono che non ho quel talento…dovrò rinunciare alla mia ambizione”.

“O forse no?” si chiedeva Anna “perché questi coach dicono che si può imparare ad avere successo?”.

“Anna non poteva saperne molto di che cos’è il coaching e di come lavorano i coach professionisti: fino ad allora il suo modo di pensare e di agire aveva funzionato benissimo, anche di fronte a situazioni di crisi o sfidanti. Fino a quel momento non si era interessata a comprendere come fare per raggiungere un obiettivo, perché con l’impegno e la dedizione (e una buona dote intellettiva) era sempre riuscita a traguardare i suoi goal.

Nonostante la frase “imparare ad avere successo” possa suonare stridente per alcune persone, soprattutto per quelle che amano un linguaggio più ricco di sfumature e meno caratterizzato da dicotomie, non è affatto sbagliato affermare che il metodo del coaching comprende al suo interno sia in concetto di apprendimento sia quello del raggiungimento dei propri obiettivi o dei propri scopi.

Una delle cose importanti da tenere a mente è, come ha ben intuito Anna, che non tutti quelli che si definiscono coach sono adeguatamente preparati per farlo.

Come ci si può districare all’interno di tanta offerta che si trova sul web?

Il primo criterio fondamentale per valutare se un professionista coach può essere affidabile è considerare se ha seguito e superato dei corsi specifici di preparazione al coaching di almeno 150 ore, preferibilmente erogati da scuole riconosciute dalle associazioni di coach.

In secondo luogo, l’appartenenza del professionista ad un’associazione di coach professionisti mostra il suo interesse ad aderire ad un codice etico (le maggiori associazioni come ICF e AICP ne hanno uno che è necessario sottoscrivere per poter associarsi) e ad impegnarsi a mantenere aggiornate le proprie conoscenze e abilità (pena la perdita delle credenziali acquisite).

In ultimo, la solida preparazione psicologica del coach (preferibilmente attraverso una laurea in psicologia) garantisce ai clienti un tipo di intervento che rispetta i perimetri tipici dello sviluppo personale e non sconfina, in modo maldestro, su tematiche di tipo terapeutico o traumatico (che richiedono un altro tipo di setting di lavoro).”

Alla fine del suo pomeriggio di ricerche Anna si sentiva più tranquilla nell’affrontare il colloqui di gruppo che avrebbe avuto dopo qualche giorno e, mentre si preparava per un’uscita in centro, si ripromise di informarsi di più sul coaching e di valutare se non fosse il caso di rivolgersi a qualche professionista esperto nello sviluppo della leadership e nel career coaching.

E con questi pensieri, inforcò la sua bici e si avviò verso i bastioni fioriti.

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