Tutti noi ogni giorno abbiamo a che fare con le nostre emozioni. Dobbiamo regolarle o ne abbiamo bisogno per essere regolati?
Da quando ne ho memoria, alla parola “emozioni” è stato sempre abbinato il verbo controllare, regolare, calmare, disinnescare…
Non so se anche tu hai lo stesso ricordo, ma quando si era bambini, gli adulti, ci invitavano alla calma, a tranquillizzarci nei momenti di eccesso di rabbia o negli episodi di irrefrenabile ilarità o stupidera. Facevano bene! Il ruolo degli adulti nella vita dei piccoli è fondamentale anche per insegnare loro ad avere un buon rapporto con le proprie emozioni e, si sa, esserne rapiti, non ne è un buon indice.
Non era però, così frequente, che gli adulti (insegnanti, istruttori, capi, manager, autorità religiose….) invitassero ad ascoltarle e osservarle queste emozioni. Il suggerimento, molto più spesso, era quello di tenerle sotto controllo, diminuirne l’intensità, possibilmente nasconderle. Soprattutto quando si trattava di emozioni “negative” come la tristezza, la rabbia, il disgusto, la paura… ma anche gioia, curiosità ed entusiasmo non se la passavano un gran ché bene, devo dire.
In effetti, gli studiosi hanno iniziato ad approcciare il mondo delle emozioni in modo diverso solo negli ultimi 25-30 anni. Essenziali sono stati, ad esempio, gli studi di Antonio D’Amasio, neurologo, neuroscienziato e psicologo, che nel 1995 nel testo fondamentale “L’errore di Cartesio” argomenta in modo evidence-based come le emozioni siano fondamentali per il buon funzionamento della mente.
Nello stesso anno Daniel Goleman (decisamente noto ai più), pubblicò “Emotional Intelligence: Why It Can Matter More Than IQ” (Intelligenza emotiva: Che cos’è, perché può renderci felici), che ebbe grande successo. In quel lavoro Goleman affermava che fattori come l’autoconsapevolezza, l’autodisciplina e l’empatia determinano in gran parte il successo personale e professionale di una persona.
Pare, però, che la vera origine del costrutto “intelligenza emotiva” sia da attribuire a, due professori americani di psicologia, John Mayer e Peter Salovay, che nel 1997 elaborarono una definizione di intelligenza emotiva che ancora oggi è riconosciuta come valida.
EMOZIONI DA REGOLARE O REGOLATI DALLE EMOZIONI?
Mentre, fino ad alcuni anni fa, al concetto di regolazione emotiva veniva attribuito un unico e univoco significato : “governare le emozioni attraverso le funzioni intellettive”, negli ultimi anni, per gestione emotiva, si può intendere anche l’apporto che possono dare le informazioni emotive alla nostra sfera più cognitiva e razionale.
Quali possono essere le strategie per regolare le emozioni attraverso le nostre risorse razionali?
Una delle tecniche più utilizzate dagli esperti di intelligenza emotiva, deriva dalla psicoterapia cognitiva comportale , si chiama “dispunting”. Secondo questo approccio, molte delle nostre emozioni sono attivate dalla risposta ad un nostro stimolo interno, cioè il modo in cui interpretiamo un evento esterno che abbiamo vissuto. Se siamo in grado di mettere in discussione la nostra opinione, su quella situazione, molto spesso siamo in grado di trasformare il nostro sentire emotivo o, per lo meno, riusciamo a diminuirne l’intensità.
Faccio un esempio: sei in fila alla cassa e un signore passa davanti a te; se interpreti quel comportamento come intenzionale, con ogni probabilità proverai rabbia, perché senti di aver subito un danno, un’ingiustizia. Ma che succede se invece pensi che quel comportamento è dipeso dalla distrazione di quel signore anziano che magari è disorientato? Sarà sempre irosa la tua reazione?…Credo di no.
In che modo, invece, possiamo regolare il pensiero attraverso le emozioni?
Prima di tutto, attraverso la consapevolezza emotiva; ovvero il saper riconoscere e nominare gli stati emotivi in noi stessi.
- Cosa sento in questo momento?
- In quale parte del corpo percepisco di essere attivata emotivamente?
- Che nome posso dare a ciò che sto provando?
- Quante sfumatura può avere la gioia, oppure la tristezza?
Maggiore vocabolario emozionale abbiamo, più facilmente saremo in grado di comprendere consapevolmente, che tipo di stato emotivo stiamo vivendo, e che grado di intensità ha. Essere in grado di nominare le emozioni ci offre il potere, da un lato, di governarle, e dall’altro, di sfruttarne la potenza; come Silente in Harry Potter, che invitava i maghi a chiamare per nome Voldemort, perché solo così avrebbero smesso di esserne terrorizzati!
Ogni emozione porta con sé un’informazione, una notizia per noi, un significato da prendere in considerazione. La sensazione della paura ci sta portando l’informazione che c’è qualcosa, importante per noi, che è in pericolo; pensa se non avessi quell’informazione? Come potresti prendere la decisione giusta per te, se non sentissi di esserne spaventato? Il messaggio della tristezza ti sta dicendo che qualcuno o qualcosa, che per te ha un valore, è andato perso; quale può essere il vantaggio di non ascoltarla e continuare ad andare avanti come se nulla fosse? La tristezza e tutte le sue sfumature ci sta invitando a fermarci e a chiedere aiuto.
Ogni emozione è preziosa e può essere un’ottima alleata per poter prendere delle decisioni sagge e sostenibili nel tempo, per noi e per chi ci sta vicino.
Allena la tua capacità di essere regolatƏ emotivamente! Insieme troveremo il percorso giusto per te.